Abbazia di S. Nilo



Storia
S. Nilo     Nel luogo ove è stata edificata la badia era una costruzione romana. Ne sono prova certa i grandiosi criptoportici tuttora visibili, facenti parte del muro che delimita a valle il complesso. Non è invece certo, ma da alcuni ritenuto probabile, che, come vuole l'antica tradizione, questi resti appartengano alla celebre villa di Marco Tullio Cicerone. Un'altra piccola costruzione di epoca romana, ritenuta una tomba dell'ultimo periodo repubblicano e nel Medioevo consacrata al culto cristiano, si trovava entro la stessa area: costituita da due ambienti coperti da volte a crociera, illuminati da piccole finestre protette da robuste inferriate, denominata in un'antica iscrizione e in successivi documenti "crypta ferrata", aveva dato verosimilmente il nome di Grottaferrata, prima ancora dell'anno 1000, al luogo in cui sorgeva. Questo modesto edificio già trasformato in piccolo santuario, e il terreno intorno con i ruderi della villa romana, vengono donati dal conte Gregorio, signore del Tuscolo, nell'estate dell'anno 1004, al vegliardo abate Nilo, giunto nel tuscolano per installarvisi con i suoi "fratelli".

     L'abate Nilo, nato a Rossano Calabro, ma di origine e formazione greca, aveva lasciato la Calabria sfuggendo alle incursioni dei Saraceni e per lungo tempo aveva dimorato con i suoi monaci in Campania. Viene infatti da Serperi vicino Gaeta, da dove si muovono i monaci per raggiungere il piccolo santuario di S. Agata nel Tuscolo dove aveva sostato in attesa dei suoi "fratelli". Questi sotto la guida dell'abate Paolo e poi di Cirillo, ma soprattutto del giovane Bartolomeo, con l'aiuto del generoso conte Gregorio e di munifici benefattori, costruiscono una modesta casa per loro stessi e per i pellegrini, e quindi la chiesa, che sarà consacrata il 17 dicembre dell'anno 1024. Se per volontà dell'abate, in seguito divenuto Santo, Nilo - che qui è sepolto - ha avuto inizio il primo insediamento dell'abbazia a lui intitolata, all'opera sapiente ed appassionata dell'abate Bartolomeo si deve la costruzione del monastero e della chiesa nonché la continuazione della tradizione del monachesimo orientale - che basa la sua dottrina su quella di San Basilio - e l'indirizzo operoso della comunità alla composizione e alla trascrizione di inni sacri.

S. Nilo     Nel secolo successivo, per donazioni dei conti del Tuscolo e dei pontefici romani, accrescono le proprietà terriere del monastero - che arrivano a estendersi fino al mare - sapientemente curate e amministrate dai monaci. Ma le lotte fra Albano e Tuscolo e le guerre tra Romani e Tuscolani costringono i monaci a trasferirsi a Subiaco, abbandonando per circa 30 anni l'abbazia. Tornano a Grottaferrata nel 1191 e l'abbazia riprende la vita di lavoro e di studio purtroppo più volte interrotta, nei secoli successivi, dalle vicende della Chiesa - il periodo avignonese prima, lo scisma d'Occidente poi - e dalle lotte politiche e di conquista che la vedono spesso invasa da truppe e oggetto di saccheggi e devastazioni. Con l'istituzione della Commenda nel 1462, per volere di Pio II, il primo commendatario cardinale Giovanni Bessarione, dotto umanista greco, ridona all'abbazia un periodo di pace e di notevole ripresa. Ma episodi di occupazione e di distruzione inducono il suo successore, cardinale Giuliano della Rovere, a erigere poderose fortificazioni a difesa del complesso abbaziale, costituendo quel castello, ancora esistente, che da lui prende il nome di Roveriano. Allo stesso si devono altri importanti lavori di ampliamento e abbellimento all'interno dell'abbazia, interrotti dalla sua elevazione pontefice con il nome di Giulio II nel 1503. Continuano nei secoli successivi gli ampliamenti e gli abbellimenti al monastero e alla chiesa, fino a quando nel 1820 l'abbazia viene dichiarata monumento nazionale per il suo patrimonio artistico, culturale e religioso. Nel 1824 il Papa Leone XII sopprime la Commenda e rimane unico abate Nilo III Alessandrini.

     L'arte scrittoria che è stata la prima e principale attività dei monaci di S. Nilo e che , per la qualità e l'abbondanza della produzione, merita al monastero il nome di officina librorum, è stata integrata fino dal 1888 da una modesta tipografia che nel primo decennio del 1900 si è trasformata, con ricche attrezzature, nella scuola tipografica italo-orientale che oggi, ulteriormente ampliata, pubblica preziose edizioni soprattutto di libri liturgici delle Chiese orientali, mentre è attiva e preziosa l'opera del laboratorio per il restauro di antichi codici e incunaboli. La biblioteca che attraverso le vicende del monastero ha trattato la sua definitiva sistemazione in questo secolo intorno agli anni 50, accoglie inestimabili manoscritti dei primi monaci e dello stesso S. Nilo, insieme ad altri pervenuti nel tempo fra i quali numerosi codici greci, a cui si è aggiunta una vasta raccolta di libri stampati a carattere ecclesiastico e storico umanistico. A testimonianza della storia lunga e varia dell'abbazia e dell'attività che nei secoli si è svolta nel suo interno è stato organizzato sul finire dell'Ottocento, al piano terra del palazzo dei Commendatari, un Museo che raccoglie oggetti di scavo di epoca preistorica e romana rinvenuti nelle aree più prossime e nel territorio tuscolano, residui medioevali provenienti dalle prime costruzioni dell'abbazia, oggetti e opere d'arte accumulati durante la presenza delle famiglie gentilizie con i Cardinali commendatari.


Architettura

Decorazioni